cù-ra dal latino: [cura] derivato dalla radice [ku-/kav-] osservare. Da confrontare con il sanscrito [kavi] saggio.

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LA MEDICINA MESOPOTAMICA E GLI ASSIRO-BABILONESI

La Mesopotamia (3600-2000 a.C.) può essere considerata la culla dell’anatomia. Questa disciplina si sviluppò a partire dall’Aruspicina, l’arte di prevedere il futuro dall’esame dei visceri degli animali sacrificati agli dei. I primi a praticare l’Aruspicina furono i Sumeri; anche i loro successori, Assiri Babilonesi, usarono questa tecnica divinatoria. Non sono arrivati fino a noi testi di medicina mesopotamici. Tuttavia, informazioni sulle pratiche mediche dell’epoca sono frequenti nelle tavolette di argilla rinvenute nelle biblioteche dei sovrani assiri e babilonesi. Come per i popoli antichi l’eziologia di una certa malattia è legata al soprannaturale e precisamente all’ira di un certo demone specifico per quella affezione e la relativa cura è basata su rituali magici di scongiurazione ed esorcismo. Le pratiche dovevano essere incentrate sul rito espiatorio e su una certa forma di empirismo primitivo. Spesso la malattia veniva considerata come un qualcosa d’impuro da cui ci si doveva liberare tramite un lavaggio e per cui erano prescritti abluzioni o bagni in determinati luoghi sacri o con rituali codificati. Il sacrificio era certamente presente, ma anche era radicata la conoscenza di piante ed erbe medicamentose donate all’uomo da una particolare divinità che prende il nome di Aura Mazda. (periodo ca. 3000 – 2000 a.C.)  Per i Mesopotamici quindi, così come per i loro antenati, la malattia era ancora considerata un castigo divino, anche se cominciavano ad intuire l’esistenza di cause non soprannaturali. I medici, perciò, ricorrevano alla divinazione per scoprire il peccato commesso dal malato e capire l’espiazione richiesta dagli dei, ma osservavano anche i sintomi del paziente per stabilirne la gravità. Presso i templi, poi, avevano sede delle vere e proprie scuole mediche, le prime della nostra storia; in esse avveniva la formazione del giovane medico per mezzo di attività pratiche e di una grande quantità di testi disponibili sotto forma di tavolette di creta. I medici della Mesopotamia, chiamati asu, ossia “colui che conosce le acque” (da questo si rileva l’importanza dell’acqua negli esorcismi), avevano la capacità di spiegare i sogni e usa impacchi, bagni e lavaggi nel fiume per le terapie; si occupavano certamente di preghiere e divinazioni ma, il loro compito fondamentale era la cura fisica del malato attraverso farmaci e operazioni. Essi esercitavano perlopiù presso la corte, i nobili e le persone di elevato rango, ma sembra che esistessero anche dei barbieri, gallubu, chirurghi barbieri di casta inferiore che incarna la figura del barbiere medioevale europeo, e che trovano omologhi in altre culture, come il Tepal azteca, e che eseguivano alcune operazioni chirurgiche, soprattutto estrazioni di denti, drenaggio di ascessi, flebotomie; si potevano trovare alcune varianti come baru, mago incaricato dell’interrogatorio rituale, ashipu, specializzato in esorcismi. Nel museo del Louvre si può contemplare un timbro di alabastro di più di 4000 anni con una scritta in cui si menziona il primo nome conosciuto di un medico. “Oh Ednimungi, servitore del dio Girra, protettore delle partorienti, Ur-Lugal-edin-na, il médico, è il tuo servitore”. Questo timbro, utilizzato per firmare documenti e ricette, rappresenta 2 coltelli circondati da piante medicinali.
La sede dell’intelletto era nel cuore, la sede essenziale della vita era nel sangue e l’organo centrale della circolazione era il fegato (dalla posizione, dalle irregolarità e dalla forma del fegato degli animali si traevano predizioni e auspici). La diagnosi per i popoli assiro-babilonese è incentrata sull’osservazione del fegato, ritenuto l’origine del sangue e dunque l’organo più importante e dunque oggetto della maggior parte dei riti prescritti.

La principale testimonianza della forma di vita delle civiltà mesopotamiche si ritrova nel codice di Hammurabi, una ampia normativa deontologica, una compilazione di leggi e di norme amministrative raccolta dal re babilonese Hammurabi, tagliato in un blocco di diorite, alto 2,5 metri per 1.90 metri di base, collocato nel tempio di Sippar. In esso si specificano, in tredici articoli, le resposabilità del medico nell’esercizio della sua professione, le pene previste per mala praxis e i compensi riservati ai medici. (periodo ca. 1792 – 323 a.C.)
La cura dei malati viene, quindi, riconosciuta per la prima volta come attività professionale all’interno della prima società organizzata.
Grazie a questo testo e una serie di circa 30 mila tavolette compilate da Asurbanipal (669-626 a. C.), provenienti dalla biblioteca scoperta a Ninive nel 1841 da Henry Layard, si è potuto intuire la concezione della salute e della malattia in questo periodo, così come pure le tecniche mediche utilizzate da guaritori professionali. Di tutte queste tavolette corca 800 sono specificatamente dedicate alla medicina, e tra loro si trova la descrizione della prima ricetta conosciuta. La più eclatante è l’ intricata organizzazione sociale riguardo i tabù e gli obblighi religiose e morali, che determinavano il destino dei singoli. Primeggiava una concezione soprannaturale della malattia: si tratta di un castigo divino imposto da diversi demoni dopo la rottura un tabù. In quest’ottica la prima cosa che doveva fare il medico era stabilire quale, tra circa 6000 demoni, era quello che causava il problema. Per questo utilizzavano tecniche divinatorie basate sullo studio del volo degli uccellli, la posizione degli astri o del fegato di alcuni animali. La malattia era chiamata shêrtu, che in assirio significa anche peccato, impurità morale, ira divina e castigo. Qualsiasi divinità poteva provocare le infermità mediante intervento diretto, l’abbandono dell’uomo alla sua sorte, od attraverso incantesimi eseguiti da stregoni. Durante la cura, tutti queste divinità possono essere invocati e richiamati attraverso orazioni e sacrifici per ritirare la loro influenza nociva e permettere la cura dell’uomo inferno. Tra tutto il panteon degli dei Nizanu era conosciuto come “il signore della medicina” per la sua speciale relazione con la salute. La diagnosi include inoltre una serie di domande rituali per determinare l’origine del male. Anche i trattamenti non sfuggivano a questo padronato culturale: esorcismi, preghiere ed offrete sono rituali frequenti che cercano di ingraziare il paziente con la divinità o liberarlo dal demonio che è in agguato.Ma anche degno di nota è un importante arsenale di erbe raccolte in diverse tavolette: circa duecento e cinquanta piante curative si riflettono in loro, così come l’uso di alcuni minerali e diverse sostanze di origine animale.
La invasione della Persia dell’anno 539 a.C. segnò la fine dell’impero babilonese.